Nella ricorrenza della nascita, ricordiamo Tullio Serafin con un articolo che il nostro presidente Nicla Sguotti gli ha dedicato, ripercorre brevemente lo straordinario percorso artistico dell’illustre direttore soffermandosi in particolare sulla collaborazione con i teatri del Veneto, sua regione d’origine. Buona lettura.

Risulta difficile tracciare una sintesi della lunga carriera di questo grande maestro, egli si dedicò a progetti che solo la sua tenacia, unita alla naturale predisposizione per le grandi imprese, gli permise di portare a termine. In oltre sessant’anni sul podio, fu chiamato a dirigere nei più prestigiosi teatri e si trovò a collaborare con generazioni di registi, cantanti, maestranze e sovrintendenti con i quali cercava sempre un confronto costruttivo, ponendosi come obiettivo primario la buona riuscita delle stagioni liriche a lui affidate.

Il debutto, sotto le mentite spoglie di Alfio Sulterni, lo fece a Milano nella Sala Follia dirigendo Don Pasquale e L’elisir d’amore di Donizetti. Era il 1898 e di lì a poco il nome di Tullio Serafin sarebbe stato associato a quelli dei più illustri compositori ma anche a eventi che hanno cambiato la storia mondiale del melodramma. L’esordio ufficiale avvenne al Teatro Reinach di Parma con l’Elisir d’amore nel 1902, seguito all’esperienza di maestro sostituto di Toscanini, che Serafin aveva vissuto negli anni precedenti alla Scala di Milano. In questo prestigioso teatro il maestro veneto tornerà a partire dal 1910, con il doppio incarico di direttore principale e artistico.

La sua terra, all’estremo sud del Veneziano, con la campagna dominata dall’Adige, Serafin non la dimenticò mai. Aveva lasciato Rottanova a undici anni partendo per Milano, dove si diplomò in viola e in composizione, un luogo artisticamente stimolante che gli permise di frequentare musicisti, poeti e librettisti. Serafin tornava spesso nella terra natia dov’erano rimasti, insieme alla famiglia, gli amici d’infanzia. Non era raro trovare qualcuno di essi alle serate di gala che il maestro dirigeva nei teatri veneti o all’Arena di Verona, da lui tenuta musicalmente a battesimo nel 1913 per la storica Aida.

Pur essendo un cittadino del mondo, abituato a spostarsi da un continente all’altro, Serafin tornava sempre con piacere in Veneto per dirigere. Visse la prima esperienza da direttore nella sua regione al Teatro La Fenice, tra la fine del 1906 e l’inizio dell’anno successivo, con La damnation de Faust di Berlioz, Adriana Lecouvreur di Cilea, la prima esecuzione assoluta di Il pane altrui di Orefice, Carmen di Bizet e Jana di Virgilio. Trascorse poi qualche decennio – diviso tra Sudamerica, Stati Uniti e Italia – prima di tornare alla Fenice, che lo riaccolse nel ’30 per un concerto sinfonico con musiche di Milhaud, Tansman, Alfano, Lualdi e Hindemith. Il pubblico veneziano dovette aspettarepoi fino al Secondo dopoguerra per rivedere Serafin alla Fenice, fu un’attesa ripagata con esecuzioni passate alla storia, che videro il consolidarsi della fama di un’interprete da lui condotta per mano al successo: Maria Callas. Proprio alla Fenice, con la direzione di Serafin, si concretizzò una delle principali tappe dell’ascesa del mito Callas quando, nel gennaio del ’49, il soprano greco fu, ad una decina di giorni di distanza, protagonista della Walchiria di Wagner e poi dei Puritani di Bellini, incarnando così la rivoluzionaria figura del “soprano drammatico di agilità”. Anche negli anni Cinquanta Serafin regalò eventi memorabili al pubblico della Fenice, tra essi la prima esecuzione di Vergilii Aeneis di Gian Francesco Malipiero, autore che più volte gli affidò le première di sue opere.

Tra le città venete, Vicenza fu quella in cui Serafin lavorò meno, solo un’unica volta si trovò a dirigervi: nel 1909 al Teatro Eretenio per La walkiria di Wagner. Simil cosa si può affermare per Padova, dove il maestro fu nel ‘22 per sette recite di Mefistofele di Boito al Teatro Verdi. Al Comunale di Treviso andò in due occasioni, a cinquant’anni di distanza l’una dall’altra, per dirigervi due produzioni pucciniane: nel 1911 La fanciulla del West e nel ‘61 Turandot.

Più significativa appare senza dubbio la collaborazione di Serafin con i teatri del Polesine. Le direzioni al Teatro Sociale di Rovigo si concentrano tutte nei primi anni della carriera del maestro: la prima nel 1910 per Mefistofele di Boito, poi nel ’12 per La fanciulla del West di Puccini e Il segreto di Susanna di Wolf Ferrari e, infine, La Gioconda di Ponchielli nel ’14, produzione che vide il debutto sul palcoscenico di un giovanissimo Beniamino Gigli. Anche il Teatro Comunale di Adria è legato alla figura di Tullio Serafin, presente nel ‘35 per la sua inaugurazione con Mefistofele di Boito.

Al Teatro Filarmonico di Verona il maestro di Rottanova diresse una sola volta: nel 1919 per Francesca da Rimini di Zandonai, produzione in cui la moglie Elena Rakowska era protagonista. Ben maggiore approfondimento meriterebbe il felice connubio tra Serafin e l’Arena di Verona ma per una più dettagliata analisi rimandiamo al saggio Tullio Serafin e la prima Aida in Arena di Nicola Guerini, contenuto nella seconda edizione di Tullio Serafin, il custode del bel canto (Armelin Musica Padova, 2018).

Tullio Serafin seppe far tesoro delle sue origini, giunto alle più alte vette artistiche e ottenuto l’unanime riconoscimento del gran mondo, riuscì a non farsi corrompere dalle lusinghe della fama, mantenendo chiaro il proprio punto focale, che poggiava sullesolide basi dell’umiltà e dell’autenticità nei rapporti umani. A conclusione del cammino della vita, egli volle che l’ultima tappa del suo peregrinare per il mondo si concludesse proprio laddove tutto era iniziato: si spense a Roma ai primi di febbraio del ‘68, dopo aver lasciato come ultima volontà quella di tornare nel suo Veneto, nella sua Rottanova, e così avvenne.

(di Nicla Sguotti – dal blog “Musical…Mente” della Rivista REM – novembre 2018)